FULVIO CHIMENTO
testo tratto dal catalogo “Viaggio alla ricerca dello stile – Journey in search of style” (Roma – 2001)
Eva è da poco stata cacciata dal Paradiso per aver assaggiato il pomo della discordia. Superate le paure iniziali, vinto il pudore che le fa coprire le parti intime, fugge, portando con sé una valigia e il serpente, suo fedele alleato. Così prende forma e ha inizio il più antico viaggio della storia. Prima ancora che Enea abbandonasse Troia per fondare Lavinium, prima che Dante esplorasse gli Inferi, Eva era già in viaggio, Eva è la prima viaggiatrice. Giampaolo Atzeni la incontra casualmente, come avviene per tutti i suoi personaggi, la invita a bordo, la fa salire sul treno in corsa, infine la ritrae. Eva vuole conoscere, Eva vuole sapere, per questo asseconda il suo istinto e protende il braccio verso quella mela rossa, divenuta poi così famosa.
Eva è una donna moderna: colta, intelligente e sensuale. Incastonata al posto del volto ha una mela, poiché si è incarnata nel proprio atto, vi si riconosce pienamente, mostrando con orgoglio il frutto appena colto. Eva scappa in compagnia del serpente, simbolo del peccato (tatuato persino sulla sua spalla sinistra), e non con Adamo: sceglie il rischio. Ora è finalmente libera dal dolore e prende le sembianze di una creatura mitologica che racchiude in sé le caratteristiche fisiche e comportamentali di Venere e di Medusa. E’ una figura ambigua, di grande fascino e al tempo stesso assai pericolosa; questo fascino le deriva dal modo sfrontato e disincantato di rapportarsi al mondo. Al pari di tutte le donne iconizzate dalla storia dell’arte: Paolina Borghese, Marylin Monroe, la Regina Elisabetta, la Eva di Giampaolo Atzeni è una “prima donna”, e come tale vuole essere trattata.
La mela tra le sue mani diviene il simbolo di un riscatto; la manifesta volontà di ricercare una dimensione possibile che sospenda il giudizio e liberi dal senso di peccato. Nella figura di Eva non si intravede un vero intento di rottura, lo scopo di Giampaolo Atzeni è, se mai, quello di trattare in modo altro tematiche ritenute ormai usuali che, se non riscritte, rischiano un progressivo appiattimento.
Ogni lavoro di Atzeni è un progetto a sé, legato contestualmente a tutte le altre opere da lui realizzate nel corso di questi anni. Le singole scene sono pensate sotto forma di fotogrammi e l’intera produzione di Giampaolo è concepita come un lungometraggio: il film della sua vita. Ogni quadro sviluppa al suo interno altri progetti, l’arte nasce dall’arte, ogni mondo è un microcosmo dentro altri mondi. Tutto si compenetra, tutto nasce dalla lentezza, la leggerezza è il motore che fa muovere il surrealismo e la metafisica, componenti essenziali della sua produzione, ancor più dell’arte pop.
Atzeni affronta la bellezza per ciò che è, trattando temi ostici senza cadere mai in interpretazioni scontate. I suoi lavori sono molto più articolati rispetto a quel che il primo sguardo coglie, densi di citazioni classiche e simboli che si connettono in maniera inestricabile ed esatta. Eva non ha un volto definito perché è lo specchio di ogni donna, Eva è un’icona riconoscibile. Nelle tele di Atzeni, apparentemente, non sembra manifestarsi alcuna forma di denuncia, ma in realtà essa si nasconde negli strati più profondi della pura apparenza formale.
Il suo modo di concepire l’opera è progettuale, Atzeni parte sempre da un dato ideale che diviene poi una realtà concreta. Il suo spirito è simile a quello di un architetto in possesso di spiccate doti artistiche, o a quello di un pittore dalla verve narrativa eccelsa, propria a un romanziere o a un poeta della beat generation.