Il tema del viaggio ha riscosso da sempre una straordinaria fortuna in campo letterario e artistico per la facilità di accendere l’immaginario nel lettore o nell’osservatore. D’altronde i migliori percorsi evasivi si compiono con la fantasia che non trova ostacoli, che non conosce delusioni. Pensiamo ai racconti che Salgari ha ambientato in Malesia senza averla mai visitata, oppure pensiamo a un Verne che ci narra del tragitto di una nave spaziale. In campo pittorico c’è solo l’imbarazzo della scelta: dalle foreste vergini di Rousseau il Doganiere che non si è mai allontanato dalla Francia alle tigri del Bengala di Ligabue gli esempi corrono numerosi.
Giampaolo Atzeni, che nell’occasione ambienta i suoi acrilici in ambito ferro-viario, è stato un avventuroso viaggiatore soprattutto in una gioventù ampiamente trascorsa tra l’Africa e l’Oriente. E allora che senso ha la prolusione sul viaggio-non viaggio? Ha senso perché egli ha scelto una tecnica pittorica e una sequenza narrativa che privilegiano il desiderio, non la realtà. E poi lo scompartimento, la sala d’aspetto, il trasbordo da un treno all’altro si svolgono in un ideale interno, a rammentare il titolo (e non solo) di un libro che, scritto più di due secoli orsono da François-Xavier de Maistre, conserva ancora oggi tutta la sua validità. Si tratta di “Voiage autour de ma chambre” del 1794.
A quei tempi erano impensabili i percorsi virtuali offerti dall’attuale tecnologia, ma la fantasia correva lo stesso, o ancora di più, lungo strade privilegiate.
Atzeni usa un procedimento seduttivo per catturare l’attenzione della gente: segue i dettami della pubblicità che deve inviare un messaggio forte, diretto, immediato se vuole raggiungere lo scopo. A tale riguardo sono importanti non solo il concetto espresso ma il taglio grafico, i colori di sicuro richiamo. Lo avevano compreso molto bene i protagonisti della pop art americana; lo sapeva soprattutto Andy Warhol che aveva iniziato la sua carriera come disegnatore di scarpe. Infatti il suo scopo era quello di trasferire nei quadri la suggestione notturna delle luminose figure in movimento che popolavano le vie dei negozi e dei locali di svago delle metropoli americane. Atzeni segue lo stesso ideale procedimento scegliendo tonalità nette e persuasive che ritagliano ogni particolare in un galleggiamento visivo che tiene in relativo conto la profondità della scena e la prospettiva. Il tutto pare sospeso in un gradevole limbo, in un soffice bagno di atemporalità.
Il racconto si svolge all’interno di uno spazio confortevole, fornito di ogni piacere visivo, compresa una presenza femminile che sovente si fa parzialmente ammirare attraverso le sole gambe affusolate e seducenti. Ecco, la seduzione. La seduzione è un’altra trappola per catturare la gente, sia che si tratti di seduzione muliebre (una bella donna e per di più discinta è un ottimo veicolo di attrazione), sia che si tratti di seduzione percettiva, tale da interessare magari anche le papille gustative. Un’immagine corroborata da tonalità calde e suadenti può indurre a un ipotetico assaggio, a una effettiva immersione nell’opera, a un travalicamento della superficie della tela. Le immagini di Atzeni paiono costruite apposta per depositarvi almeno il sogno perché sono alla portata di tutti: il viaggio infatti è fittizio, se ne convince l’autore stesso perché la Bilbao, che si scorge al di là del finestrino, si identifica nel Museo Guggenheim, una visione improbabile dal treno, un treno che poi, guarda caso, ha le pareti degli scompartimenti tappezzate da tori stilizzati. E lo stesso succede per il Beaubourg in una Parigi ribadita dalla trasparente piramide di Pei o per la Vienna corredata dalle citazioni di Mozart all’altezza dei sedili. È più facile e più logico pensare a dei dipinti immobili che noi facciamo correre sulle ali dell’immaginazione. Quelle sono le camere di una agognata abitazione dell’anima corredata di tutti i comfort. D’altronde questo è un viaggio che si può fare cambiando semplicemente stanza, ritrovando ovunque i segni della nostra identità e del nostro passaggio; in Coincidenza la signorina si appresta a trovare se stessa nella nuova collocazione: è attesa dal proprio simulacro. È un po’ l’allegoria dell’ombra che ci segue ovunque, è un po’ l’allegoria del viaggio che non serve assolutamente a chi vuol dimenticare se stesso. E infine i luoghi ci appartengono nella misura in cui noi apparteniamo a loro fin dal primo sguardo, dalla spoliazione delle remore, dei preconcetti, delle radicate abitudini. Dobbiamo infatti diventare orientali nell’intimo (e magari nei comportamenti) se desideriamo assaporare per intero le Visioni d’oriente. E dobbiamo immergerci nel mito per farci conquistare dal canto melodioso delle sirene di Ulisse: il nostro ambiente deve essere preparato a dovere, ogni colore (e ogni segno) deve com-piacere al rito per potere aprire le tendine sul luogo delle meraviglie, come ci suggerisce Atzeni in una composizione privilegiata dalle tonalità accese nelle gradazioni del giallo, dell’amaranto, del cremisi, del bruno. Il reale e il virtuale dunque si confondono come avviene nella nostra realtà scandita da messaggi mediatici. L’artista sardo, come abbiamo già sottolineato, si muove agevolmente in questo territorio grazie a una tecnica pittorica che lo contraddistingue e che gli permette di percorrere qualunque via narrativa. Il suo disegno semplice, netto, suggestivo, dall’impatto immediato, è soddisfatto da un colore di complemento che trova complici assonanze o squilli improvvisi nei contorni di confine. Si raggiunge così un insieme cromaticamente armonico che nasconde una serie di sottoracconti, di citazioni da assorbire secondo la personale sensibilità e intenzione. Infatti il messaggio vale anche e soprattutto se è subliminale, come insegnano i pubblicitari. Pertanto questo viaggio è anche un modo di scoprire se stessi in Attesa di qualcuno o di qualcosa, di sognare una Casa sulla cascata o di deside-rare un Cambiamento di vita magari salendo in compagnia di Giampaolo Atzeni su un ideale Orient Express 2001, un dipinto che ci guarda con gli occhi di due affascinanti fanciulle affacciate al finestrino. Si può partire anche subito.
Luciano Caprile