SILVIA DEL VECCHIO
Dall’Oriente, in treno, colorando quel lungo viaggio che è la vita, la pittura di Giampaolo Atzeni arriva alla Stazione Termini di Roma. E risulta difficile pensare ad un luogo più adatto di questo per un percorso espositivo così scandito dal viaggio, in un turbine di colore ed evasione che riporta alla dimensione misteriosa e metafisica di chi è assetato di meraviglie, esperienze, avventure. Un mondo intero è contenuto dentro i quadri di Atzeni, lo stesso che si può incontrare nelle stazioni, in viaggio, o semplicemente scrutando se stessi. “Orient Express”, questo il titolo della mostra proposta dall’associazione New European Art Research, che dal 15 maggio al 15 giugno 2002 ha nutrito il curioso e variegato pubblico della Stazione Termini, dagli intenditori ai meno esperti. Il risultato? Ottimo, esempio calzante di quando l’arte viaggia sul binario giusto.
Giampaolo Atzeni, artista caro alla pop art americana e alla vivezza coloristica di Henri Matisse, nasce a Cagliari nel 1954 e vive una vita avventurosa e varia. Studia architettura e si appassiona di pittura. Sperimenta e coltiva la fotografia, la grafica e il teatro. Viaggia moltissimo, soprattutto in Africa e in Oriente. Non esaurisce mai la voglia di vedere, conoscere, sperimentarsi, emozionarsi. Le sue prime opere di pittura risalgono agli anni Settanta, poi agli impulsi innati del pennello unisce la passione per la fotografia. Foto, appunti di viaggio e schizzi plasmano ricordi e si trasfondono in memoria corporea. La pittura per Atzeni diventa un bisogno, un atto di vita e, per questo, di generosità. Tutto quello che costituisce il patrimonio di una persona, frammenti, esperienze, sensazioni, viene messo a nudo, reinterpretato, comunicato e donato agli altri, senza riserve e, in egual misura, senza avarizia di colori.
Principale fonte ispiratrice della sua opera è la corrente della pop art americana, da Andy Warhol a Roy Lichtenstein. Un’ “arte popolare” appunto, che parla con il linguaggio di tutti, e racconta di quegli oggetti di consumo di cui si è circondati quotidianamente, immagini-simbolo della cultura di massa americana enfatizzate nelle dimensioni e nella colorazione. Per l’uso del colore, invece, il modello ammirato da Atzeni è Matisse, che ricorda per la gioia di vivere espressa nei suoi quadri, per il colore come forte e autonoma espressione interiore, intenso e vivace, steso con forza e senza alcuna stemperatura tonale. E così, negli acrilici di Giampaolo Atzeni, i colori sono sparati e vibranti, in un’interpretazione comunque realistica della realtà, dando volume e corpo agli oggetti, vibrando in sintonia, senza stridere. Altre influenze provengono dalla pittura del primo Novecento, da quella orientale e indiana, dalla fotografia. Il taglio fotografico predominante nei suoi dipinti riesce bene ad amalgamare tutti i modelli di riferimento, creando uno stile personale oggi ben identificato.
Ed ecco che dai finestrini dell’Orient Express prende forma il “viaggio pop” di Atzeni, che sceglie il treno come mezzo ideale di trasporto. Nessun altro mezzo, infatti, offre tanto: libertà di movimento, di interazione, di conoscenza, di riflessione, in un continuo contatto e scambio con il mondo. La ferrovia entra nei luoghi di natura intatta, senza invaderli né contaminarli, permettendo di gustarne le meraviglie e la ricchezza. Il treno fa vivere e sentire fino in fondo il momento del viaggio. Il finestrino dello scompartimento, come nei quadri di Atzeni, diventa uno schermo cinematografico, un film realista, un set di immagini vecchie e nuove, che riaffiorano alla mente e stupiscono ad ogni nuovo sguardo. Un quadro, come un viaggio, non si può spiegare, è un organismo complesso, ricco di sfaccettature, mai uguale, sempre diverso ad ogni visione, espressione massima della libertà. La libertà di scegliere la destinazione, lo scompartimento, l’interlocutore, la possibilità di esprimere e rivivere atmosfere, paesaggi, ricordi, profumi e sapori.
Le chiavi di lettura di questa mostra possono essere infinite, come infinite sono le esperienze e i vissuti delle persone. Gli scompartimenti di Orient Express sono spesso vuoti, popolati di oggetti abbandonati, valigie, borse, teiere e tazzine da tè, frutti e, a volte, da figure femminili quasi sempre senza volto. L’atmosfera è fortemente e volutamente seduttiva, le scene apparentemente semplici e didascaliche, il simbolismo ricorrente ed ispirato ai luoghi e a ciò che desiderano raccontare, alla vita, all’eros, alla passione femminile.
La fantasia negli oggetti e nei colori di Atzeni non trova ostacoli, ma allo stesso tempo non si discosta troppo dalla realtà. Le tonalità utilizzate ritagliano ogni forma, ogni oggetto, in un galleggiamento visivo che resta come sospeso in un soffice limbo, come in un tuffo leggero nell’atemporalità.
I simboli sono cercati e voluti per comunicare attraverso un linguaggio definito, che identifica e caratterizza la sua pittura. Il “pesce”, stilizzato come il simbolo religioso, rappresenta la vita, la libertà, ma anche l’erotismo. Incarna l’artista nei suoi quadri, che così resta presente. I “frutti” sono gli elementi della natura, esprimono il bisogno di nutrimento e di sensualità, le banane ricordano l’oriente, le ciliegie i desideri estremi, le passioni. I pasticcini ricordano i seni di una donna, simbolo della vita per il neonato. Il “tè” rappresenta il momento piacevole per eccellenza, la condizione di calma in cui c’è il tempo di bere qualcosa insieme, di gustare il momento presente, di conoscersi e interagire, senza fretta. Come il tè, così pure i “libri”. Le “spine elettriche” onnipresenti negli scompartimenti sono cariche di un messaggio preciso: staccare la spina. Ma sono anche l’elemento moderno che associa questi acrilici ai giorni nostri, alla tecnologia moderna, in una condizione di ritmo e armonia che richiede, quasi impone, quiete e tempo. Infine, le “donne senza volto” di Atzeni: senza volto proprio perché non sono “di Atzeni”, non rappresentano persone specifiche ma situazioni, emozioni, desideri, sono volti per ognuno diversi, nuovi, personali.
Le immagini di Giampaolo Atzeni sono depositarie di sogni, alla portata di tutti, lungo un viaggio fittizio che si scorge al di là del finestrino, che si identifica nelle visioni – improbabili dal treno – del Museo Guggenheim, del Beaubourg di Parigi, di Mozart a Vienna. Sono luoghi delle meraviglie che possono sorprendere se si abbandonano preconcetti e abitudini, in un lancio alla scoperta di se stessi. E scoprire che tutto è possibile, come diventare orientali nell’intimo per gustare al massimo le Visioni d’oriente, immergersi nella mitologia per ascoltare il canto delle sirene di Ulisse, scoprirsi in Attesa di qualcosa o qualcuno, sognare una Casa sulla cascata o un Cambiamento di vita, magari proprio salendo sull’Orient Express 2001.
testo tratto da “Arte In” n. 80 (2002)
La mostra aperta per un mese alla Stazione Termini di Roma, affacciata sul binario 24, è stata promossa dalla New European Art Research o.n.l.u.s. e da Grandi Stazioni S.p.A.. La curatrice, Nicoletta Zanella della Galleria Navona 42 di Roma, ha scommesso a ragione, raccogliendo con questa iniziativa consensi positivi e grande interesse del pubblico, dando seguito all’iniziativa che nello scorso gennaio aveva portato sempre a Termini, nell’Ala Mazzoniana, l’importante lavoro fotografico di Giosetta Fioroni e Marco Delogu, “Senex – Ritratto d’artista”.